Pontremoli e i suoi castelli

L’evento

Il 17 Aprile 2016 si è svolto l’itinerario tematico dal titolo Pontremoli e i suoi castelli.

L’iniziativa, ideata e condotta da Davide Tansini, ha riguardato la storia, l’architettura e le caratteristiche delle principali fortificazioni del centro storico pontremolese: il Castello del Piagnaro, la Rocchetta di Cacciaguerra e il Castelnuovo (o Torre di Busticca o di Nostra Donna).

Le vicende delle fortificazioni pontremolesi hanno consentito allo storico di sviluppare un ampio discorso su molteplici aspetti del passato, legàti al territorio fra Lunigiana, Appennino Ligure e Tosco-Emiliano: architettura, cultura, curiosità, economia, politica e società.

La storia

Pontremoli è situata nell’alta Lunigiana, a circa 10 chilometri dalla dorsale appenninica che divide la valle emiliana del Taro da quella toscana della Magra.

L’abitato lunigianese è uno snodo-chiave lungo l’antica Via Francigena, a poca distanza da alcuni importanti valichi montani (Due Santi o Faggio Crociato, Bratello, Cento Croci, Cisa, Cirone) che permettono l’esistenza di una tra le più frequentate e considerate vie di comunicazione tra i versanti adriatico e tirrenico dell’Italia.

Non a caso la prima attestazione del toponimo pontremolese è reperibile nell’itinerario dell’inglese Sigerico (950 c.a-994), vescovo di Canterbury che nel 990 compie un viaggio dalla Gran Bretagna verso Roma: nel suo diario annota alla 31a tappa la località «Puntremel».

La presenza di opere fortificate è invece attestata nel XII secolo: nel 1110 il re dei Romani Enrico V di Franconia (1081-1125) assedia ed espugna l’«oppidum quod Pons Tremulus vocatur», che dalle cronache coeve è descritto come «natura locorum et altissimis turribus munitum».

Posta in una particolare area di interazioni e sovrapposizioni culturali, economiche, politiche e sociali tra Emilia, Liguria e Toscana, Pontremoli è al centro delle attenzioni di numerosi potentati (più o meno vicini) interessàti a ritagliarsi spazî di influenza e di manovra in Lunigiana.

Dall’iniziale sudditanza verso le casate degli Obertenghi prima e déi Malaspina poi, il centro lunigianese riesce a diventare libero comune fra il XII e il XIII secolo, ponendo sotto il proprio controllo il territorio immediatamente circostante l’abitato e entrando in opposizione con le altre entità politiche che si contendono l’area fra il Taro e la Magra: il Comune di Parma, quello di Piacenza e i varî feudi malaspiniani.

La posizione e la configurazione di Pontremoli, allo stesso tempo favorevole per i traffici e i commercî ma anche sfavorevole per il periodico passaggio di milizie e bande di predoni, è riconosciuta anche dall’imperatore Federico II di Svevia (1194-1250), che definisce il centro lunigianese «clavis et ianua Tusciae».

Nel 1320 l’antimperatore Federico d’Asburgo (1289-1330) nomina vicario imperiale della Lunigiana il signore di Lucca Castruccio Castracani degli Antelminelli (1281-1328). Sotto il suo dominio ricade anche Pontremoli, già feudo della famiglia ligure déi Fieschi.

Dopo la morte di Castruccio (1328) il centro lunigianese passa in signoria a Giovanni I di Boemia (1296-1346), che nel 1331 lo vende al signore di Verona Mastino II Della Scala (1308-1351).

Otto anni più tardi è i Pontremolesi stipulano un’accomandigia con Luchino Visconti (1287-1349), dominus di Milano nonché di Bergamo, Borgo San Donnino, Brescia, Como, Crema, Cremona, Lecco, Lodi, Novara, Piacenza e Vercelli.

Anche il casato visconteo, affermatosi nella Valpadana, partecipa attivamente alla corsa politica nella Val di Magra. Pontremoli figura tra le città del dominio che il re dei Romani Venceslao di Lussemburgo (1361-1419) concede a Gian Galeazzo Visconti (1351-1402) di elevare a Ducato, fra il 1395 e il 1396.

Staccata dai territorî viscontei nel 1404 dopo la morte di Gian Galeazzo, Pontremoli ritorna tra i feudi controllàti prima da Antonio Fieschi (ante 1366-1412) e poi dai suoi figlî. Nel 1431 il duca Filippo Maria Visconti (1392-1447, figlio di Gian Galeazzo) riesce a far rientrare Pontremoli nell’orbita dello stato milanese grazie a una spedizione militare capitanata dal condottiero Niccolò Piccinino (1386-1444).

Da un lato c’è la lontananza da Milano, la prossimità con potenze avverse ai Visconti (prima fra tutte, la Repubblica di Firenze), le rivalità interne alla popolazione, le condizioni ambientali spesso non favorevoli, il forte (spesso esasperato) particolarismo feudale; dall’altro c’è la conformazione dello stesso centro abitato, allungato da Nord a Sud su una sottile striscia di terra incuneata tra il fiume Magra e il torrente Verde, sulla propaggine meridionale del monte Molinatico.

Tutto ciò rende necessaria la presenza di più impianti fortificàti che non soltanto difendano, ma soprattutto garantiscano il controllo su questo fulcro della politica milanese oltre Appennino.

Proprio tra la fine del XIV e l’inizio del XVI secolo le fortificazioni pontremolesi conoscono il loro massimo sviluppo: nel territorio sono presenti quattro fortilizî affidàti a castellani ducali (o, comunque, nominàti dal signore di turno) e stabilmente presidiàti da guarnigioni (il Castello del Piagnaro, la Rocchetta di Cacciaguerra, il Castelnuovo e il Castello di Grondola, nell’omonima località vicina a Pontremoli).

Sposando Bianca Maria Visconti (1425-1468, figlia del duca Filippo Maria), nel 1441 il condottiero Francesco Sforza Visconti (1401-1466) ottiene il controllo di Pontremoli, assegnata in dote alla moglie insieme al Cremonese.

La cessione effettuata da Filippo Maria, pur effettuata controvoglia e per opportunità (in séguito alle trattative per interrompere annosi conflitti con le repubbliche di Venezia e di Firenze), asseconda i desiderî della politica fiorentina, desiderosa di allontanare l’influenza viscontea dalla Toscana; allo stesso tempo, rompe l’unità territoriale del nuovo dominio sforzesco, che ha in Cremona il suo centro; inoltre, le due località cremonesi scambiate con Pontremoli permettono al duca di sorvegliare (e minacciare) da vicino il cuore del nuovo territorio sforzesco, il cui signore è tutt’altro che benevolo néi confronti del sovrano milanese.

Filippo Maria Visconti muore nel 1447 e, tre anni più tardi, Francesco Sforza Visconti diviene nuovo duca di Milano. Pontremoli ritorna nell’orbita milanese e per tutto il resto del XV secolo si conferma caposaldo della politica sforzesca in una zona che vede il Ducato lombardo confrontarsi con altri attori della politca italiana: la Repubblica di Genova, quella Fiorentina (capeggiata dal casato Medici) e il Ducato di Modena e Reggio (sotto il dominio estense).

Pontremoli assiste nel biennio 1494-1495 al passaggio delle truppe del re di Francia Carlo VIII di Valois (1470-1498), inviate alla conquista del Regno di Napoli. Il secondo transito è disastroso per il centro lunigianese: il borgo è saccheggiato e incendiato dai mercenarî svizzeri al soldo del sovrano francese.

Negli anni 1499-1500 una successiva spedizione, guidata stavolta da Luigi XII di Valois-Orléans (1462-1515), porta la corona transalpina a scacciare dal trono milanese il duca Ludovico il Moro (1452-1508, figlio di Francesco Sforza Visconti) e a occupare il Ducato di Milano e Pontremoli.

Respinto nel 1512 da una coalizione antifrancese (che porta i territorî di Piacenza e Parma sotto il dominio del Pontefice) e ritornato nel 1515 grazie alla campagna militare condotta da Francesco I di Valois-Angoulême (1494-1547), il controllo francese sullo stato lombardo perdura fino al 1521, quando Francesco II Sforza (1492-1535, figlio di Ludovico il Moro) riesce a recuperare gran parte déi dominî di famiglia, grazie al sostegno del re dei Romani e sovrano di Spagna Carlo d’Asburgo (1500-1558).

Francesco II muore senza eredi nel 1535 e il Ducato di Milano ritorna per devoluzione fra i territorî soggetti direttamente al re spagnolo (nel frattempo incoronato imperatore). Già in mano asburgica dal 1526, Pontremoli segue questa sòrte, pur non essendo più contigua con gli altri dominî di Carlo V nel Nord Italia.

Nel 1540 Filippo d’Asburgo (1527-1598) è investito nuovo duca di Milano e quindici anni più tardi eredita dal padre anche la Corona spagnola, sotto il cui controllo ricade anche l’exclave di Pontremoli.

Sempre fra gli Anni Quaranta e Cinquanta del XVI secolo i Farnese si assicurano il dominio sui territorî di Piacenza e di Parma, appositamente costituiti in Ducato da papa Paolo III (1468-1549, al secolo Alessandro Farnese).

Anche per l’isolamento dal resto dello Stato di Milano, nella seconda metà del Cinquecento il presidio pontremolese vede ridimensionata l’importanza militare delle sue fortificazioni.

Situazione, questa, che si concretizza con l’abbandono di capisaldi in precedenza strategici (per esempio, il vicino Castello di Grondola, che nel 1558 è definito «deserto») e, più tardi, con il declino materiale o con la trasformazione di altri fortilizî (il Castelnuovo e la Rocchetta di Cacciaguerra, la cui torre maestra è riadattata nel 1578 come campanile).

Nel 1647 la Corona asburgica vende Pontremoli e il suo territorio alla Repubblica di Genova, che tre anni più tardi la cede al Granducato di Toscana, sotto il controllo della famiglia Medici.

Sotto il dominio mediceo il centro pontremolese rimane fino al 1737. Con la successiva dinastia degli Asburgo-Lorena Pontremoli otteniene nel 1778 dal granduca Pietro Leopoldo (1747-1792) l’elevazione al rango di città e, 19 anni più tardi, di sede vescovile.

L’architettura

L’itinerario tematico Pontremoli e i suoi castelli si è occupato di tre antichi edificî fortificàti che sorgono nel centro storico della cittadina lunigianese: la Rocchetta di Cacciaguerra, il Castelnuovo e il Castello del Piagnaro.

Eretta nel 1322 grazie all’opera del magister Vanni Tenti da San Miniato, la «Rocheta Caziaguerre» sorgeva nel mezzo dell’abitato fra il torrente Verde e il fiume Magra. Divideva il cuore di Pontremoli in due parti: a Nord Sommoborgo (anticamente «Summo Burgo») e a Sud Imoborgo («Ymo Burgo»). Il passaggio da un settore all’altro avveniva attraverso un solo accesso fortificato aperto nella Rocchetta stessa.

Tale compartimentazione fu richiesta dall’allora signore di Pontremoli Castruccio Castracani degli Antelminelli: non soltanto (e non tanto) per agevolare la difesa del centro lunigianese in caso di attacco esterno, bensì per arginare e reprimere lotte intestine o ribellioni della popolazione locale.

La Rocchetta era composta da una cortina muraria che correva per 100 metri circa dalla Magra al Verde, dominata in origine da tre torri a base quadrangolare: una per ciascuna estremità e un’altra al centro. Quest’ultima è quasi interamente sopravvissuta e, dotata di cella campanaria sommitale, è popolarmente chiamata il «Campanone».

Fra Trecento e Quattrocento la guarnigione nominale stabilita dai signori di Milano per la Rocchetta consisteva in 10 soldati agli ordini di un castellano. Secondo un inventario del 1450, il presidio era fornito di bombarde e schiopeti di ferro e di bronzo, baliste e 30 staia di frumento «ad mensuram Pontremuli».

Risalente con tutta probabilità al XIV secolo è anche il Castelnuovo, situato sulla sponda sinistra della Magra oltre l’attuale Ponte Cesare Battisti e chiamato anche Torre di Busticca o di Nostra Donna (per la vicinanza all’omonimo oratorio pontremolese).

Una doppia porta fortificata posta allo sbocco del ponte stesso rendeva il «Castrumnovum» lo snodo fra Imoborgo, la campagna, le strade verso i passi montani del Cirone e della Cisa e le fortificazioni del borgo oltre la Magra, che si allungavano verso Sud seguendo il greto del fiume.

Il complesso fortilizio aveva il suo cardine in un massiccio mastio a pianta quadrangolare con lati di 12/14 metri circa (tuttora visibile): strutturato a corpi sovrapposti, era completato da una cortina muraria merlata che inglobava l’area immediatamente circostante l’angolo Sud-Ovest della torre.

In questo spazio transitava la strada proveniente da Imoborgo, che attraversava la cortina tramite due ingressi fortificàti: uno verso il ponte sulla Magra e uno verso Est. Le mura perimetrali che si affacciavano sul fiume erano munite di almeno due torri (una, passante, all’imbocco del ponte e l’altra all’angolo Nord-Est) e nella seconda metà del Settecento apparivano diroccate.

Tra XIV e XV secolo la guarnigione nominale concordata con i signori di Milano per il Castelnuovo assommava a 8 uomini, anche in questo caso comandàti da un castellano. In base all’inventario delle munizioni redatto nel 1450, il presidio era fornito di baliste, zarbatane, bombarda una ligni cum bronzo e 16 staia di frumento.

A dominare tutte le fortificazioni del centro pontremolese provvedeva il Castello del Piagnaro: fortezza documentata dal XIV secolo, arroccata su un poggio digradante verso Sommoborgo.

Dal complesso del «Castrum Plagnarii», allungato per circa 100 metri lungo la direttrice Nord-Est-Sud-Ovest, si dirama l’intreccio di case, cortili e vicoli (i «surchéti») che scendono lungo le pendici Sud-Est del poggio a formare il quartiere del Piagnaro.

Perno della struttura è un imponente mastio con pianta a semicerchio allungato, dal quale si sviluppano in successione tre corti: circondate da cortine murarie o da massiccî corpi di fabbrica, questi spazî si dispongono su livelli altimetrici sfalsati e, tramite un sistema di corridoî e rampe di scale, conducono verso l’ingresso principale, nell’angolo Sud-Ovest del complesso.

Verso Ovest e verso Est il Castello si raccordava alle mura di Sommoborgo, che da lì scendevano verso il torrente Verde e il fiume Magra. La fortezza sovrastava due ingressi cittadini: a Occidente quella che conduceva verso il Castello di Grondola e il Passo del Bratello (detta «Porta Planarii», in gran parte distrutta); a Oriente quella verso il Passo della Cisa (chiamata «Porta Supremaburgi» nelle epoche più antiche e in séguito sostituita dalla Porta Parma, tuttora conservata).

La guarnigione nominale stabilita dai signori di Milano per la fortezza piagnarese assommava fra Trecento e Quattrocento a 25 soldati, sempre capitanàti da un castellano. L’inventario del 1450 menziona fra le munizioni del presidio bombardelle di ferro, baliste, uno schiopetum, varie corazze e nove moggia di frumento.

Info

Luogo:
Pontremoli (Massa-Carrara, Toscana – Lunigiana, Italia), centro storico

Data:
17 Aprile 2016

Enti organizzatori:
In arce
Lombardia sforzesca

E-mail (Davide Tansini):
e v e n t i @ t a n s i n i . i t

Telefono (Davide Tansini):
(+39) 3 4 9  2 2 0 3 6 9 3

Note:
l’evento è stato ideato e condotto da Davide Tansini, che detiene la paternità creativa dell’iniziativa e tutti i relativi diritti; i contenuti illustràti da Davide Tansini al pubblico durante la manifestazione sono basàti sugli esiti delle sue ricerche in àmbito storico-architettonico

© Davide Tansini: tutti i diritti riservàti – Pubblicato il 26 Aprile 2016 – Aggiornato al 15 Aprile 2024